La mia Dakar
di Jean-Baptiste Leccia
È il 1969 e loro sono in cinque, quattro ragazzi e una ragazza. Hanno tutti vent’anni e voglia di deserto. Due Citroën Mehari, una bussola e una mappa Michelin. Partono, carichi di orgoglio e giovinezza, ma il dramma si snoda ora dopo ora, a forza di forature, insabbiamenti, lingue infinite che cancellano la pista, canicola e sete, miraggi e ossessioni.
La mia Dakar, vera e propria epopea del Sahara, è una riflessione sul passaggio all’età adulta con tutti i suoi sogni e le sue ferite, fra incoscienza e vanità, forza e debolezze.
È anche uno scorcio memorabile sull’Europa e sull’Africa della post-colonizzazione, realtà cristallizzate che si pensava fossero immutabili, ma che si sarebbero sgretolate di lì a poco.
La mia Dakar è avventura, introspezione, saggezza.
È molto altro ancora. È una storia vera.
Jean-Baptiste
Leccia, di origine corsa, nasce nel 1943 a Settat, in Marocco. Rientra in
Francia all’età di 15 anni e compie i
suoi studi secondari e universitari prima a Marsiglia e poi a Aix-en-Provence. Appassionato
di matematica e pianificazione territoriale, plurititolato (Dottorato in
Geografia, in Diritto, diploma di laurea in Scienze Politiche e in Storia),
eserciterà la professione di avvocato al tribunale di Marsiglia, prima di
insegnare Urbanistica. Oggi, in pensione, è sindaco di Sampolo, in Corsica.